La pandemia è finita?

Domanda difficile, anche perché non esiste una definizione o un sistema di regole che possano sancire in modo univoco la fine della pandemia. Per le pandemie influenzali, la dichiarazione di fine pandemia è semplice: si definisce la fine quando i livelli di circolazione virale tornano a quelli precedenti il picco pandemico. Per SARS-CoV-2 questo principio non può essere applicato, non esistendo un termine di confronto pre-pandemico.

Per SARS-CoV-2 potremo dunque sancire la fine della pandemia nel momento in cui la circolazione virale presenterà inequivocabilmente segnali di circolazione endemica simile a quella di tanti altri virus respiratori.

Cosa significa circolazione endemica? Significa che il virus continuerà a circolare con una intensità più o meno costante, ma bassa, per poi presentare delle recrudescenze stagionali che magari potranno coincidere con l’emergere di nuove varianti o sotto-varianti virali. In quella situazione i bambini rappresenteranno il vero serbatoio di circolazione, come già avviene per gli altri coronavirus umani.

Quando questo avverrà non possiamo dirlo. Quello che possiamo oggi stabilire per convenzione è la fine della emergenza pandemica. Dopo due anni, possiamo permetterci di passare da una gestione emergenziale ad una gestione ordinaria della circolazione di SARS-CoV-2.

Le principali cause di controversia oggi sembrano essere l’uso della mascherina e le regole per l’isolamento dei positivi. Su questi temi credo sia bene porre dei punti fermi che possano essere utili al dibattito e alle conseguenti scelte politiche.    

L’uso diffuso delle mascherine negli ambienti chiusi è uno strumento efficace per limitare la circolazione degli agenti respiratori. Su questo non si discute. Inoltre, gli eventi avversi relativi all’uso delle mascherine sono abbastanza limitati: il costo, il fastidio, qualche problema lieve cutaneo se indossate a lungo, qualche problema di comunicazione (sollevato in ambiente scolastico). Tutto sommato l’avversione all’uso diffuso delle mascherine credo sia un po’ esagerato. Fatto sta che l’obbligo di indossare le mascherine oggi sembra essere diventato poco popolare e sempre meno politicamente accettabile.

Personalmente credo che nella situazione attuale di circolazione virale, tuttora elevata ed in fase di aumento a causa dell’arrivo della sotto-variante omicron BA.5, l’uso della mascherina debba essere opportunamente raccomandato. Finita l’era degli obblighi passiamo a quella della scelta consapevole. Il cittadino ha il diritto di essere correttamente informato e deve sapere che, pur essendo vaccinato e avendo magari avuto una precedente infezione, può comunque diventare un portatore del virus e, se a rischio, anche ammalarsi in maniera severa. La raccomandazione dovrà essere dunque:

-       di indossare la mascherina chirurgica in caso di sintomi respiratori (a prescindere dal tampone positivo) e in caso di contatto avvenuto con un positivo. In questo modo proteggiamo chi si trova intorno a noi;

-       di indossare una mascherina ad alta efficienza (FFP2) se ci si vuole proteggere individualmente dal contagio perché a rischio di sviluppare malattia grave.

Due semplici regole che potranno essere abbandonate solo quando la circolazione virale dovesse scendere a livelli bassi.

Cosa dire a proposito di isolamento (tenere i positivi lontani dagli altri) e quarantena (tenere isolati i contatti potenzialmente infetti ma ancora non positivi)? Isolamento e quarantena rappresentano i basilari del controllo delle malattie infettive. Devono essere usati per SARS-CoV-2 come lo si fa per tutte le altre malattie contagiose. Un positivo al morbillo si mette in isolamento: punto. Quello che si può (e si deve) fare è calibrare tempi e modi di isolamento e quarantena in funzione del rischio rappresentato dalla malattia.

Oggi la situazione è diversa da due anni fa in termini di impatto dell’infezione. La popolazione è molto più protetta e quindi i casi gravi di malattia sono, proporzionalmente al numero di infezioni, molti di meno. Ma il virus circola tanto ed è comunque in grado di dare forme di malattia lieve o moderata in molti casi. Se lo lasciamo libero di circolare, non mettendo più in isolamento i positivi, nel corso di una ripresa di circolazione (non la chiamiamo ondata così non urtiamo nessuna suscettibilità) molte attività essenziali si bloccherebbero. Pensate cosa succede nel corso della stagione influenzale: con l’influenza non si applicano se non molto blandamente le regole dell’isolamento. Come conseguenza fra gennaio e febbraio molte attività sono bloccate o rallentate per assenteismo. L’R0 dell’influenza, in confronto a quello di omicron BA.5 è verosimilmente inferiore di 10-15 volte. I positivi al coronavirus devono stare a casa, non se ne parla. Magari possiamo modulare le regole riducendo al minimo il ricorso ai tamponi e decidere un periodo standard di isolamento di uno-due giorni dopo la fine dei sintomi o di pochi giorni dall’accertamento della positività. Ma lasciare i positivi in giro a diffondere il virus, ancora, non possiamo permettercelo.

COVID19 non è – ancora – un raffreddore.